19 set 2011

La passione di Wilde

Quest'anno i neozelandesi si offrono la coppa del mondo di Rugby e sperano di portarsela a casa al posto degli australiani ( visto come sta andando, non ho particolarmente dubbi ci riescano).

Seguo fedelmente il Rugby da due anni, da quando la mia signora mi ha trascinato al Flaminio a vedere Italia - Inghilterra per il sei nazioni.

Da allora sono pazzo di questo gioco assurdo in cui succedono cose che in qualsiasi altro contesto sarebbero classificate come aggressione con l'aggravante della premeditazione.

A uno spettatore  non informato le dinamiche di questo gioco paiono assurde. La palla ovale schizza sul campo, passata sempre all'indietro invece che avanti. Ogni due metri il portatore di palla si fa fermare e pestare da una decina di energumeni. Viene poi abbandonato sul terreno dai suoi aggressori che vanno a massacrare il successivo portatore di palla.

L'azione è caotica e frenetica, ma viene spesso fermata per ragioni  che solo l'arbitro comprende. Nessuno che contesti, nessuno che dica nulla, tutti eseguono obbedienti.

Ogni tanto, per ragioni altrettanto incomprensibili, 8 giocatori creano una specie di formazione a tortuga e vanno a rovinarsi le vertebre in uno scontro contro altri 8 avversari che assumono la stessa formazione. Il pallone rotola beatamente sul terreno fino a che qualcuno non lo raccoglie e la rissa può ricominciare.

Oscar Wilde amava ripetere che il rugby è un gioco da bestie giocato da gentlemen, al contrario del calcio, gioco da gentlemen giocato da bestie.

Difficile dare torto a Wilde dopo avere osservato questi armadi che  compiono atti contro la morale ma che non si permettono mai di alzare lo sguardo quando l'arbitro li ragguardisce o che appena si rialzano da un mucchio di carne e ossa in cui è successo di tutto danno una pacca all'avversario dandogli appuntamento al prossimo scontro.

A aggiungere surrealismo a questo sport ci pensano i tifosi delle squadre, folli, colorati, rumorosi e impeccabili come i giocatori.

Sono tifosi che quando prendono una meta o un fallo non si mettono a insultare la madre dell'arbitro, ma cazziano la propria difesa. Sono quelli che quando il tifo della squadra avversaria è moscia si mettono a sostenere gli altri ( state pensando che sia pazzesco? Non avete letto finora?) e che portano i loro bambini a vedere la partita e gli insegnano che l'avversario si affronta sul campo e si rispetta sempre.

Alla fine di una partita c'è chi vince e chi perde e questo anche se si pareggia, perché dentro di te sai se hai dato tutto o se potevi fare di più e allora hai interviste  che i calciatori dovrebbero rivedere a anello, con allenatori che gridano contro la loro squadra ( che ha appena vinto) e giocatori che si maledicono per errori che ( nel contesto assurdo di cui sopra) sarebbero assolutamente umani.

La nuova Zelanda è lontana e le partite a orari assurdi, ma non mi sono mai svegliato così felice la mattina di Domenica alle 5 come da quando ho un match da vedere.

Sì... Alle 5.. Domenica...Non avete ancora capito che è un gioco pazzesco eh? :D

17 set 2011

To war!

Uno dei cliché narrativi che il cinema anni '80 ci ha lasciato, è la sequenza della vestizione in "Rambo II".

Rambo è pronto a partire in missione , in una sequenza di dettagli, lo vediamo legarsi le scarpe, testare le armi, legarsi l'immarcescibile fascia sulla fronte.

Intorno a lui, la gente continua a prepararsi, ma lui è completamente focalizzato sulla sua preparazione.

Questa sequenza la troveremo prima di ogni "attimo di quiete prima della tempesta" da allora ( neppure Arnold se la fa mancare) ed è ormai uno stilema narrativo accettato.

Ma perché quella scena rappresenta quello che rappresenta? Perché è, ne più ne meno, la vestizione del cavaliere  prima di andare ad abbattere il drago.

Ne parlo oggi perché ho avuto un esperienza curiosa mentre ero in treno.

Una volta al mese lavoro di Sabato o Domenica e quindi mi metto in viaggio via treno per arrivare all'ufficio.

Mi ero appena seduto che di fronte a me si siede una ragazza. Il treno parte e dopo pochi minuti lei apre la borsetta, tira fuori un astuccio e si mette con calma e metodo a truccarsi.

La scena è durata una decina di minuti, nessuno ha commentato, io per primo. Eppure per tutto il tempo non ho smesso di guardarla; ero affascinatao dai gesti e dall'aura di siciurezza di se e calma che quella ragazza emanava.

Se ne è accorta, ma non ha reagito, ha continuato a truccarsi, come se fosse irraggiungibile, come se niente al mondo potesse toccarla.

Allora ho capito il perché della vestizione, quando abbiamo un rituale, quando ci vestiamo, ci trucchiamo, ci pettiniamo, stiamo mettendo un armatura, stiamo andando ad affrontare il drago.

Il risultato non è per forza scontato, ma il punto è che che quei pochi gesti ci preparano e ci mettono nella forma mentis per affrontare la sfida.

La ragazza che si trucca non è niente altro che il sottoscritto che si mette giacca e cravatta e si prepara di fronte allo specchio oppure Rambo pronto alla missione. Attraverso il gesto, ci prepariamo all'azione.
Quando sono arrivato all'ufficio ho ripensato al fatto che il mio solo rituale, quando vengo il sabato mattina sia fare colazione alla pasticceria Renardy. Non so se possa mettermi nella forma mentis per vincere il mio drago, ma di sicuro da calorie a sufficienza per affrontare qualsiasi cosa :D